La cattiva politica nuoce al diritto allo studio; manca la giusta distribuzione dei fondi tra le regioni e gli studenti restano senza borsa

Almeno trenta mila studenti in tutt’Italia, risultati idonei (non beneficiari), restano senza borsa di studio. Nelle tre Università d’Abruzzo, gli studenti che hanno diritto alla borsa di studio regionale sono 5.749, e un buon 35% (pari a 2041 studenti) del totale degli idonei beneficiari è attualmente in una situazione incerta in cui non è chiaro se e quando riceverà i soldi della borsa. Gli studenti delle sedi abruzzesi che sono senza borsa di studio, pur avendone il diritto, sono rispettivamente: 282 a Teramo, 350 all’Aquila e ben 1409 alla d’Annunzio.

Cosa è successo? 

I soliti intoppi burocratici. Il mancato riparto dei fondi per le regioni  nel 2017 e il ritardo nell’approvazione del decreto sui fabbisogni non hanno permesso la chiusura dei bilanci degli enti regionali per il diritto allo studio. Gli effetti di questi ritardi, infatti, sono ricaduti direttamente su un gran numero di studenti, i quali, oggi, aspettano la borsa senza alcuna certezza, magari anticipando di tasca propria le spese dei primi mesi di quest’anno accademico oppure accettando di lavorare per pochi soldi all’ora, sottraendo tempo allo studio.

Nello specifico…

Dalla legge di bilancio, entrata in vigore lo scorso 1 gennaio 2017, sarebbero dovuti partire due importanti decreti, uno sui fabbisogni regionali e l’altro sul riparto dei fondi del FIS (fondo integrativo statale per il diritto allo studio).
Il primo decreto arriva con 9 mesi di ritardo dall’entrata in vigore della scorsa legge di bilancio; con il seguente provvedimento si stabilisce il calcolo dei fabbisogni delle singole Regioni per investire e finanziare il diritto allo studio attraverso l’utilizzo delle risorse del Fondo integrativo statale che quest’anno ammonta ad oltre 220 milioni. Il decreto, in sostanza, considera che le risorse del Fis non vengano più distribuite secondo il criterio della spesa storica delle Regioni, ma sulla base dei fabbisogni. Prima di questo, le Regioni che investivano di più sul diritto allo studio ricevevano maggiori finanziamenti statali, quelle che mettevano meno soldi riscuotevano di meno. Ma con il ritardo dell’entrata effettiva del provvedimento sul calcolo dei fabbisogni, slitta anche il decreto sul riparto dei fondi del FIS con l’annessa Conferenza Stato-Regioni lasciando senza borsa almeno trenta mila studenti.

Solo l’8% beneficia della borsa di studio universitaria nonostante la contribuzione sia in forte aumento

Ed ecco l’ennesimo paradosso italiano: in Italia solo l’8% degli studenti beneficia della borsa di studio e, al contrario, le Università italiane sono al terzo posto in Europa per pressione fiscale sugli studi accademici. Tasse sempre più care e copertura totale delle borse insufficiente. Altro dato negativo, che evidenzia la cattiva gestione in merito al diritto allo studio, è l‘aumento della contribuzione studentesca negli ultimi cinque anni (+14,5%) che non rispecchia, però, la diminuzione del Fondo di finanziamento ordinario dell’Università (FFO). D’altronde c’è poco da chiedersi su di una politica disinteressata alle dinamiche giovanili e studentesche: l’ Italia spende solo lo 0,3% del PIL per la Ricerca di Base e lo 0,3% del PIL per l’Università (la Grecia meglio di noi con 0,8% del PIL).  Non solo, perché Eurostat conferma l’Italia ben lontana dalle medie europee: per l’assistenza agli anziani, la politica italiana spende il 13,5% del PIL (contro una media europea di 10,2%); mentre il 3,9% è la spesa italiana per l’istruzione, cifra molto distante da paesi come Danimarca, Svezia e Finlandia che investono più del 6% del PIL.

Romboweb Abruzzo – Claudio Tucci

 

 

 

 

 

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