Libertà di espressione, che confini ha? 2021, occidente, Spagna: il rapper spagnolo Pablo Hasél condannato a 9 mesi di carcere

P. Hasél

Pablo Hasél, nome d’arte del cantante spagnolo Pablo Rivadulla Durò, è conosciuto, oltre che per i suoi testi, per i problemi avuti con la magistratura spagnola. Il rapper, negli ultimi anni, è stato accusato più volte di incitazione al terrorismo , oltraggio alla monarchia spagnola e diffamazione nei confronti delle forze dell’ordine colpevolizzandole di maltrattare migranti e manifestanti. L’arresto definitivo è avvenuto il mese scorso, l’artista è stato condannato a nove mesi di reclusione. Tra i capi di imputazione abbiamo alcuni post su Twitter (circa 60) in cui, ad esempio, definiva gli agenti di polizia “mercenari di merda”. Anche alcuni suoi testi sono finiti nel mirino, come la canzone “Juan Carlos el Bobon” (2016) , che tradotto significa “Juan Carlos il cretino”: il rapper ha spiegato poi il suo intento di denuncia nei confronti del re Juan Carlos I e il governo spagnolo, affermando che avrebbero legami con la dittatura franchista.
Hasél ritiene che l’arresto sia stato un gravissimo attacco alla libertà di espressione e, dichiarando di voler rendere l’arresto il più complesso possibile per la polizia catalana, a febbraio scorso ha occupato l’università di Lleida. “E ora vengano a prendermi” ha detto il cantante dopo essersi barricato nell’edificio insieme ad alcuni attivisti, volendo dare un’eco maggiore all’ingiustizia subita.
Nella stessa mattinata, la polizia ha effettuato definitivamente l’arresto: “Morte allo Stato fascista” ha urlato nella folla l’artista nel momento della cattura, mostrandosi sempre estremamente convinto delle proprie posizioni.
Mi limito a raccontare come hanno già fatto altri mezzi di comunicazione. (…) proprio per questo esiste la libertà di espressione, no? Invece mi sembra che non sia così, quindi, mi viene imposto di non raccontare dei fatti (…) poi casualmente i limiti della libertà di espressione sono sempre riservati alle stesse persone.”
Sono queste le parole del rapper pronunciate in tribunale qualche anno fa, volte a sottolineare che le sue idee sono state condivise anche da altri. Oltre Hasél, molti giornalisti, reporter e siti hanno denunciato comportamenti illeciti del governo, delle autorità e della monarchia: perché non sono stati arrestati o quantomeno perseguitati? La figura di un cantante al giorno d’oggi è molto influente, il rap è uno dei generi musicali più ascoltati oggigiorno soprattutto dai giovani, un contenuto estetico virale che può facilmente arrivare a tutti con un linguaggio semplice e diretto.
Spesso, l’arte è una forma utilizzata per dichiarare prese di posizione, motivo per cui circa 200 artisti hanno supportato il cantante, firmando dei manifesti in sua difesa. Nelle giornate successive all’arresto, anche al di fuori della Catalogna, ci sono state manifestazioni, più o meno pacifiche, a favore delle azioni di Hasél.
Le testimonianze e le denunce di un artista rimangono poco attendibili per alcuni, viste solo come il frutto di ribellione giovanile e volontà di rimanere al centro dell’attenzione mediatica nonostante, oggi più che mai, il concetto di libertà sia spesso accostato alla ricerca della verità.

Redazione Romboweb – Irene Ciafardone

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