Il mito di Lilith nella letteratura. Come la tradizione cristiana ha omesso la rivolta di Lilith, la prima donna che si riappropria della sua libertà

La rivolta femminile, tramandata dalle religioni nel corso dei secoli, ha il nome di Lilith. Figura mitica coincidente con la divinità matriarcale sumerica-babilonese, Lilith diventa la protagonista taciuta della creazione cristiana. Secondo gli scritti cabalistici, ella è la prima moglie di Adamo, creata dalla terra, costituita della stessa materia dell’uomo. La donna pretende che l’uguaglianza sostanziale le sia riconosciuta anche a livello formale, mentre l’uomo, nella quotidianità paradisiaca, esige il dominio totale della sua controparte femminile, come se la donna fosse una delle tante bestie che Dio gli ha donato. Adamo reclama l’unione con Lilith, dalla quale sente di essere stato separato attraverso la creazione e alla quale ambisce ricongiungersi, ma esige il controllo totale di quel corpo che ritiene formalmente suo. Lilith inevitabilmente coglie il peso della pretesa e diventa la prima ribelle della storia e pur di conservare la libertà prende la decisione migliore per sé fuggendo dall’Eden. Dopo la fuga di Lilith dal paradiso terrestre, la virilità di Adamo si traduce in una piagnucolante preghiera e tre angeli messaggeri giungono lungo le coste del mar Nero, dove la donna si era rifugiata, con il compito di ricondurla pentita dal supremo architetto. Lilith difende la sua scelta ed Eva subentra come sostituta “innocua” di Lilith, primo tentativo di donna considerato fallimentare. Eva viene creata dalla costola di Adamo affinché si sottometta completamente alla sua volontà. Questa versione è tratta dall’Alfabeto di Ben Sira, testo cabalistico risalente al X secolo, e chiarirebbe le contraddizioni insite nelle prime pagine della Genesi. Nel primo capitolo sono riportate le seguenti parole:

“Dio creò gli uomini a norma della sua immagine; a norma della immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò”; mentre nel secondo capitolo queste ultime parole vengono negate dall’esclamazione di Adamo: “questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia carne!”. Il dimostrativo sembra sottolineare che ci sia un precedente che vuole essere dimenticato coincidente con la figura di Lilith.

La sua memoria si è protratta nella cultura mondiale e anche nella letteratura, che ha dato vita ad un’immagine di lei trasfigurata ma molto suggestiva. Goethe nel Faust la descrive così: “La prima moglie di Adamo, sta in guardia dai suoi bei capelli, da quello splendore che solo la veste. Fai che abbia avvinto un giovane con quelli, e ce ne vuole prima che lo lasci”. Lilith è trasformata in una femme fatale lusinghiera quanto nociva, spregiudicata quanto falsa. Ammalia l’uomo con le sue arti, lo compiace con le sue cure, lo accarezza con il suo fascino. Joumana Haddad, poetessa libanese, sottolinea la portata rivoluzionaria e anticonformista del mito tralasciato dai libri ma sopravvissuto nelle leggende popolari e così Lilith intona la sua melodia: “dal flauto delle due cosce si eleva il mio canto e dalla mia lussuria sgorgano i fiumi. Come non potrebbero esserci maree ogni volta che tra le mie labbra verticali brilla un sorriso?”. La rinuncia di Lilith al compito storico al quale era stata destinata è strettamente connesso alla libertà sessuale che Joumana Haddad vuole che ogni donna rivendichi seguendo l’esempio coraggioso della primigenia. “Io sono la leonessa seduttrice e ritorno per coprire i sottomessi di vergogna e per regnare sulla terra. Ritorno per guarire la costola di Adamo e liberare ogni uomo dalla sua Eva. Io sono Lilith e ritorno dal mio esilio per ereditare la morte della madre che ho generato”. Le parole della poetessa libanese accusano generazioni di donne che hanno sopportato senza rabbia il ruolo ereditato da Eva e sono una chiara critica, più che alla mentalità maschilista, alla passività femminile. Lilith combatte contro Eva, e da questa battaglia dipende il futuro delle sue figlie.

Gaia Giansante 

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