La studentessa ci racconta di come l’abbrevazione di carriera richiesta all’università sia stata soltanto una problematica in più piuttosto che una agevolazione, a partire dalle tasse

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Nei giorni scorsi è arrivata in redazione la testimonianza di una studentessa universitaria di Campobasso. In questo periodo già di per sé problematico, la ragazza si è trovata ad affrontare un ulteriore scoglio legato ai cavilli del regolamento universitario. A raccontarci la sua esperienza è stata A.S., laureata all’università D’Annunzio di Chieti nel 2014.

Per alcune difficoltà economiche la ragazza non aveva proseguito gli studi e ad incoraggiarla per una nuova immatricolazione, a settembre 2020, è stato il nuovo regolamento dell’a.a. 2020/2021 dell’università della sua città. Secondo il nuovo regolamento infatti, grazie all’aumento della soglia ISEE per l’esenzione delle tasse, la studentessa avrebbe avuto la possibilità di iscriversi alla facoltà di scienze della formazione primaria. Per non rendere vani gli studi precedenti, essendo già dottoressa in Scienze dell’educazione e della formazione (L19) dal 2014, ha richiesto l’abbreviazione della carriera tramite il riconoscimento degli esami, passando automaticamente al secondo anno con 71 cfu convalidati. Da una richiesta comune a molti studenti, si è arrivati ad un cambio radicale della situazione: dall’essere esente dalle tasse, l’università di Campobasso le comunica che chi ha richiesto l’abbreviazione del percorso universitario e si trova, di fatto, al secondo anno di corso, deve attenersi al regolamento dell’a.a. precedente. Inoltre, di norma, per chi è iscritto ad anni successivi al primo, la valutazione dei pagamenti delle tasse varia sia in base all’ISEE che al merito. Il merito avrebbe potuto quantomeno diminuire le tasse già imposte alla studentessa, ma l’università in cui si è immatricolata tiene conto soltanto dei crediti accumulati da agosto 2019 ad agosto 2020. 

«Se mi sono iscritta a settembre 2020, come avrei mai potuto sostenere esami in quel periodo?», è la domanda lecita che pone A.S., che in quel periodo di tempo per ovvie ragioni non ha avuto modo di accumulare crediti. L’università non tarda di rispondere ai dubbi e spiega che queste prassi sono delle direttive statali e quindi, al di fuori delle proprie responsabilità. La ragazza poi ci racconta che la richiesta di abbreviazione della carriera non ha portato problemi solo con le tasse: «poi un’altra beffa. Noi che abbiamo ricevuto l’abbreviazione di carriera non possiamo neanche sostenere gli esami nella sessione straordinaria di aprile!».
L’unica agevolazione data alla studentessa è stata quella di rateizzare le tasse: «se non avessi richiesto l’abbreviazione di carriera avrei pagato 0 centesimi», conclude, delusa, la studentessa. 

Redazione Romboweb – Irene Ciafardone

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