Tra minacce all’indipendenza giornalistica e tentativi di eliminare la libera informazione
PERCHÉ SI CELEBRA LA GIORNATA DELLA LIBERTÀ DI STAMPA?
Lo scorso 3 maggio si è celebrata la giornata mondiale della libertà di stampa. La ricorrenza fu istituita, nel 1993, dall’assemblea generale delle Nazioni Unite. La scelta della giornata non fu casuale, ma venne costituita ricordando l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana, che portò alla dichiarazione di Windhoek, nel 1991. La dichiarazione è in larga parte ispirata all’articolo 19 della dichiarazione universale dei diritti umani, dove si legge:
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, tale diritto include la libertà di opinione senza interferenze e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza frontiere”
Un monito importante, che segnava un passaggio necessario verso lo sviluppo di un’idea di società e informazione democratiche e, soprattutto, non omologate a un pensiero unico e manipolatore.
LA SITUAZIONE DELLA LIBERTÀ DI STAMPA IN ITALIA
Il concetto di libertà di stampa è sicuramente complesso e consta di diversi fattori da prendere in considerazione. Attualmente, il riferimento del suo indice è rappresentato da Reporter Senza Frontiere, organizzazione non governativa e no-profit che difende la libertà di informazione e di stampa. Ogni anno, sulla base di alcuni criteri specifici, viene pubblicata una classifica in cui si misura la libertà di stampa presente in ogni nazione.
È importante considerare questo punto di riflessione in quanto ha destato largo interesse la recente notizia per cui, in questa classifica, l’Italia è scivolata dal quarantunesimo al quarantaseiesimo posto, perdendo cinque posizioni e divenendo la peggiore dell’Europa occidentale, nonché una delle peggiori del vecchio continente. Le motivazioni riportate parlano di un rischio di “Orbanizzazione dell’informazione”, con chiaro riferimento al presidente ungherese Viktor Orbán, in cui la quasi totalità dell’informazione è controllata dallo Stato. Una situazione sicuramente allarmante, che si presenta all’indomani di molti episodi in cui si è visto un tentativo di controllo da parte della coalizione di maggioranza.
Per esempio, non ultimo è stato lo sciopero organizzato da Usigrai in seguito alle continue intimidazioni, da parte del governo, nel non voler parlare di alcune notizie sui telegiornali principali che riguardavano propri parlamentari o come gli ormai noti tentativi di censura nel monologo di Antonio Scurati per il 25 aprile. Gli episodi in questo mandato si stanno moltiplicando: aumentano le denunce per diffamazione, le omissioni di notizie, i travisamenti interpretatori che cercano di rendere divisivi temi universali. Parlando più strettamente di stampa, quest’ultima in Italia è sempre più dipendente da fondi statali e inserzioni pubblicitarie, con il forte rischio di perdere la propria indipendenza. Da programmi cancellati a minacce dirette nei confronti dei giornalisti. Senza dimenticare le campagne di disinformazione online, dove proliferano le fake news promulgate dagli stessi politici, che mettono in atto, attraverso comunicazioni fallaci e attacchi continui di troll e odio digitale, dei veri e propri tentativi di stortura dell’informazione.
Nelle motivazioni della discesa in classifica si fa riferimento all’autocensura di tanti giornalisti che, temendo forti percussioni legali e personali, si conformano alla propria linea editoriale senza possibilità di contraddittorio. E, considerando che diverse di queste sono politicamente orientate, si rischia di creare un precedente nella limitazione della pluralità. Diversi giornalisti vivono sotto protezione dopo aver ricevuto diversi attacchi intimidatori, anche dalle parti alte che alimentano un sentimento di indignazione e usano il proprio potere per indirizzare soprusi verso chi ha meno strumenti per difendersi.
La libertà di stampa in Italia vive sotto una luce fioca e paradossale: nell’effettivo, esiste, e la situazione è nettamente migliore rispetto a quella di altri paesi. Tuttavia, le insidie all’incolumità lavorano sottobanco. Vengono bloccate notizie che criticano il potere nonostante la loro imparzialità, si omette di trattare alcuni temi per non mettere in cattiva luce l’esecutivo, vengono aperti provvedimenti disciplinari per intimidire chi cerca di mantenere l’indipendenza giornalistica e dell’operato nel tentativo di bloccare ogni voce contraria o più semplicemente di critica.
L’OCCIDENTE E LA DISTOPIA DELLA LIBERA INFORMAZIONE: IL CASO ASSANGE
Al tempo stesso, l’Italia non è un caso isolato, ma l’esempio di un mondo occidentale che in questo periodo storico non gode di una nomea di libertà e autodeterminazione. Il simbolo, infatti, di questa distopia della libera informazione è rappresentato dal caso di Julian Assange, giornalista ideatore dell’organizzazione no-profit Wikileaks che è ancora sotto processo e che rischia, con l’estradizione negli Stati Uniti, 175 anni di carcere. Il tutto per aver pubblicato diverse notizie su cimini di guerra e atrocità commessi dall’esercito americano durante la guerra in Afghanistan. Immagini di cui, purtroppo, siamo ancora testimoni oggi, ma da cui si è ancora deciso di non apprendere, con tutte le conseguenze catastrofiche che ciò comporta.
Julian Assange è da molti definito uno dei pochi barlumi dell’Occidente Libero, della libertà di espressione messa a tacere dalle potenze mondiali le cui attività sono sporche del sangue di popolazioni innocenti, e di civili inermi. Anziché ammettere le proprie dolorose colpe, gli Stati Uniti hanno emesso mandati di arresto parlando di spionaggio (per la prima volta nella storia contro un giornalista della libera informazione) e di organizzazione terroristica. Ciò è successo per aver fatto trapelare delle notizie vere, su stermini e manovre geopolitiche colonialiste. Sta qui il paradosso di una parte di mondo che si dichiara libera, facendosi beffa delle libertà altrui.
LA GUERRA IN PALESTINA E IL SILENZIO DEI COLPEVOLI
Una questione tristemente non isolata, ma che si inserisce nell’attualità riguardo ciò che si sta verificando in Palestina, con gli attacchi a Rafah in questi giorni e, più in generale, in un conflitto impari in cui l’Occidente ha già preso la propria triste posizione, assistendo da spettatore compiaciuto a una violazione dei diritti umani che sta segnando la storia presente e futura del mondo e dell’essere umano. Nessun giornalista può pubblicare notizie a riguardo direttamente dal campo. Tutto ciò che viene documentato è ad opera di chi rischia la propria vita per un diritto che gli è negato. Vediamo circolare immagini di stragi che sono calate già da tempo nel baratro del genocidio, ma il potere sta immobile in un silenzio incombente riportando solo le notizie delle fonti israeliane, relegandosi al massimo qualche considerazione politica sui finti concetti di pace e uguaglianza.
Parlare di libertà di stampa, dunque, in un mondo apparentemente non libero, è fondamentale per rendersi conto che, spesso, questa libertà ha un prezzo da pagare, quello della libertà stessa.