Strage di Capaci

Sono all’incirca le 18 del 23 maggio 1992. Giovanni Falcone è in viaggio verso Palermo, con la moglie Francesca. Sono seguiti dalla scorta e altri agenti di polizia. Stanno percorrendo la A29 quando, allo svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, il sicario Giovanni Brusca attiva una carica di cinque quintali di tritolo, precedentemente posizionata in una galleria scavata sotto la strada. Giovanni e Francesca muoiono poche ore dopo, in ospedale. I tre agenti della scorta Schifani, Dicillo e Montinaro muoiono sul colpo, altri rimangono solamente feriti o illesi.

Tutto diventa immobile, come in un fermo immagine. C’è un gran caos, eppure sembra di essere circondati dal silenzio. Impotenza, rabbia e paura riempiono gli animi del popolo. “L’hanno fatto ancora”. E succederà ancora, e ancora, e ancora. Vittima dopo vittima, la rassegnazione aumenta. Come sottolinea il discorso della vedova Rosaria Costa.

“Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani mio, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato, chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare. Ma loro non cambiano… loro non vogliono cambiare. Vi chiediamo per la città di Palermo, Signore, che avete reso città di sangue, troppo sangue, di operare anche voi per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti. Non c’è amore, non ce n’è amore…”

Sono passati diversi anni. Il mondo va avanti e il tempo passa, ma quel buio ci avvolge tutt’ora. È nelle strade che percorriamo, nelle notizie che ascoltiamo, nell’abuso di potere, in ogni menzogna che ci raccontano pur di oscurare ciò che realmente accade. Possiamo far luce solamente ricordando chi non ha mai smesso di lottare per la giustizia. Ricordando anche a noi stessi da che parte vogliamo davvero stare.

Come recita la canzone di Fabrizio Moro, “Pensa”, vincitrice nel 2007 del Festival di Sanremo nella categoria giovani:

“Ci sono stati uomini che hanno continuato, nonostante intorno fosse tutto bruciato. Perché in fondo questa vita non ha significato se hai paura di una bomba o di un fucile puntato. Gli uomini passano e passa una canzone, ma nessuno potrà fermare mai la convinzione che la giustizia no, non è solo un’illusione.”

Per questo mi chiamo Giovanni

Leggere aiuta a mantenere viva la memoria, per questo vi consigliamo un libro sul tema. “Per questo mi chiamo Giovanni” esce nel 2004 ed è scritto da Luigi Garlando. Il protagonista è Giovanni, un bambino di 10 anni che vive a Palermo. Durante il giorno del suo compleanno, il papà lo guida in una visita accurata della città. Ripercorrendo la vita e le lotte di Giovanni Falcone, spiega i motivi per cui gli sia stato dato proprio quel nome. Il piccolo comprende che la mafia non è astratta, ma reale e presente nella vita quotidiana. Bisogna affrontarla e combatterla ancor prima di diventare adulti.

Link: https://youtu.be/PaSU8hrgPYQ?si=2CH5lHX7JllHNJul , https://www.romboweb.com/blog/2024/03/20/roma-citta-libera/

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