Perché è importante parlare ancora di Liberazione.

Leggi tutto: Il nuovo 25 aprile nell’oblio del diritto

Ci sono delle cose di cui, in un certo momento, si smette di parlare o perché si crede che non ne vale più la pena, o perché si inizia a darle per scontate, per assodate. Anzi, diviene quasi petulante discuterne, come fosse un insulto alla propria onestà intellettuale. E invece, ci sono questioni su cui non si deve smettere mai di porre una riflessione.

Il 25 aprile è il perfetto esempio. In un paese dove spesso si dimentica, si perdona, si raggira, si travasa, si riscrive, ricordare e celebrare questa giornata è un dovere popolare. Piacere, più che onere, perché la democrazia è bellissima.

La democratura

Oggi la democrazia è in pericolo: per evitare ogni equivoco propagandistico, è in pericolo anche perché dall’insediamento alcuni rifiutano espressamente di definirsi antifascisti, diversamente dal momento in cui si è giurato sulla Costituzione, che è per sua matrice antifascista. Sembra si sia cominciato così: raggirare la domanda, fingere di non sapere, paragonare l’antifascismo all’anticomunismo (il comunismo in Italia, insieme agli altri partiti, ha scritto la Costituzione), arrivando a commettere atti dichiaratamente tali.

Michela Murgia, una delle più grandi intellettuali del nostro tempo, ci aveva messo in guardia, con delle parole di una potenza straordinaria che però sono state platealmente ignorate. La stessa parlava di “democratura“, come «l’autoritarismo che passa dentro i codici della democrazia e conduce agli stessi risultati di controllo, negazione delle libertà personali, riorganizzazione del sistema sociale che otterrebbe il fascismo con la violenza».

L’inesorabile decorso dei diritti tra nuove forme di censura

A chi nega il 25 aprile la critica infastidisce, il contraddittorio diventa una condanna, ogni forma di opinione plurale rappresenta un attacco nei confronti della politica dirigente. La ribellione è spazzatura, le proteste giovanili sono un male da condannare, la libertà di scelta delle donne è un omicidio.

Gli intellettuali sono tra le figure più detestate. È successo a Roberto Saviano, così come a Luciano Canfora e, ora, ad Antonio Scurati. Un viaggio lento, appunto, ma nemmeno così poco vistoso. Il potere si prende il potere, poco alla volta, ed acquisisce sempre più potere, anche quello che non gli spetta, perché non gli appartiene. Per farlo ha bisogno di ignoranza, di imbavagliare la voce ragionata del dissenso, di annullare la protesta.

Si arriva al gesto più eclatante, impedire in televisione la messa in onda di un discorso sul 25 aprile che parla di post-fascismo, quell’espressione che sembra spaventare chi comanda. È quello che denunciava Umberto Eco; è quello che chi ha visto oltre la strage aveva già capito, cioè che non era finita; tutto sarebbe stato semplicemente spostato su altro.

Il 25 aprile è per il popolo, non lo decide chi comanda

Il 25 aprile è il nostro senso di collettività, quello che però chi dirige ha sempre cercato di contraddire, anche laddove c’era una voce dichiaratamente progressista. Il 25 aprile non è di chi governa, è di chi combatte per rompere i sistemi di oppressione. Ma eccoci qui, nel 2024, a sentirci ripetere che è divisivo, che possiamo avere i busti del Duce in casa per memoria familiare, che possiamo eleggere membri dichiaratamente neofascisti facendo passare il tutto come legittimo strumento democratico, che assistiamo inermi a una manifestazione con tanti bracci destri alzati. Democrazia, appunto, quella parola che abbiamo smesso di pronunciare dopo averla data per scontata e che abbiamo lasciato alla gestione dei conservatori.

Le parole di Antonio Scurati e la nuova lotta

«Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’Anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana».

Queste le parole di Scurati. Le stesse parole che Serena Bortone, con tutto il coraggio e la bellezza della libertà, ha scelto di pronunciare in diretta televisiva, proprio quello strumento popolare da cui tanti sono stati allontanati.

Questo è un 25 aprile di dolore, dove il problema è il dissenso e la risposta è il manganello, dove la questione è il diritto di voto e la cura è la compravendita, dove la difficoltà sta nel diverso e la soluzione è perpetuare la divisione. Intanto, chi decide si fa gioco di chi aveva cercato di ravvisare il pericolo.

Ora non c’è più altra strada. La matrice, che è sempre stata chiara, ha ormai superato il velo di Maya. Un potere che vieta il contraddittorio, che invade i consultori, che picchia gli studenti e chiede poi agli stessi di rimanere in Italia e fare figli, che censura tutto e nel mentre invita sette uomini in diretta a parlare di aborto. Un potere che, forse, ancora, non uccide, ma di sicuro dimentica, e poi elimina.

Gli eventi in programma per il 25 aprile

Un maestro avrebbe detto «libertà è partecipazione». Perciò, se fare comunità può servire a dimostrare quanto potente sia partecipare, giovedì 25 aprile ci sono diverse possibilità di celebrare la Liberazione.

  • Nella mattinata, a partire dalle 11:00, è infatti previsto un corteo da Piazza Malta, a Chieti, al quale parteciperà l’Unione degli Studenti con interventi “resistenti” in piazza Mazzini. L’incontro sarà preceduto, alle 10:30, dalla deposizione della corona e dai saluti istituzionali del sindaco e dell’ANPI.
  • In Corso Marrucino ci sarà una mostra fotografica dell’ANPI di Chieti, a partire dalle 9:45.
  • Infine, alle 21:30, per chiudere una fervente giornata di eventi, in Fictio Arci andrà in scena lo spettacolo “Ritornando al Folk Studio”, con protagonista il cantautore Luigi De Gregori.

E’ importante ricordare che ogni cambiamento parte dal basso, da quelle voci che chi comanda disprezza: dai discorsi tra amici alle parole messe su un foglio e pronunciate con del nastro in bocca, dalle scuole occupate ai lavori non pagati, dalle proteste piegate alle disobbedienze civili. Tutto questo non per evitare il Ventennio, ma per regalarci davvero la cosa più importante, la libertà di essere liberi.

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