La Liberazione senza fine, in un sistema che promuove la divisione.

Nel non troppo lontano 1946 si decise che il 25 aprile dovesse diventare una di quelle giornate da celebrare e ricordare ogni anno, come caposaldo della storia Repubblicana. In quello stesso giorno, un anno prima, la Resistenza riusciva a liberarci da quei totalitarismi nazi-fascisti che, per anni, si erano resi responsabili di una serie di azioni disumane.

Dopo 77 anni, ancora una volta da difendere!

Il 22 aprile 1946, su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il Re Umberto II emanò un decreto nel quale si individuava il 25 aprile come giorno di festa nazionale, a celebrazione della liberazione del territorio italiano. La ricorrenza  venne istituzionalizzata solo nel 1949, insieme al 2 giugno, festa della Repubblica.

Oggi, a 77 anni di distanza, il valore di quel giorno è più che mai in pericolo, e va difeso come fosse la prima volta. Se infatti è vero che chi dimentica è complice, è altrettanto vero che in più di una occasione i membri dell’attuale esecutivo di governo hanno dimostrato di non dedicare la giusta attenzione a questa giornata: attraverso dichiarazioni al limite del paradossale, basate su di una presunta volontà di “pacificare” la ricorrenza (cosa ci sia da “pacificare” nella celebrazione dell’antifascismo fondativo della nostra Costituzione, non viene chiarito dai suddetti esponenti di maggioranza), essi ne minano la natura unitaria. 

Il 25 aprile è divisivo?

In più di una occasione e da più di una voce, ciò che rappresenta il 25 aprile è stato considerato “divisivo”. Soprattutto in taluni ambienti conservatori, la parola “antifascismo” non viene ancora oggi considerata per ciò che rappresenta, ossia il valore fondativo della Repubblica, ma come sinonimo di “sinistra”. Come, cioè, se dirsi antifascisti non riguardasse anche e soprattutto qualsivoglia pensiero di destra che si identifichi in un sistema democratico.  Contestando questa logica, in molti hanno quindi ribaltato il ragionamento sulla presupposta divisività del 25 aprile: “è divisivo solo se sei fascista“.  Considerare l’antifascismo il valore di solo una parte politica, metterlo sullo stesso piano di dibattito di qualsiasi altro tema politico, sono elementi che in una democrazia matura non vi dovrebbero essere affatto. Il rischio è quello di far diventare legittimo un dibattito su di un valore che non dovrebbe essere messo in discussione o di arrivare a dichiarazioni del tipo “non si può dire più nulla”, utilizzando un linguaggio denso di vittimismo per arrogarsi il diritto di avanzare certe idee.

Le dichiarazioni del Presidente del Senato

Recentemente, il Presidente del Senato La Russa è riuscito ad affermare, senza particolari remore, che “l’antifascismo non è presente nella Costituzione” e chenon viene celebrata una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra”.  Nel primo caso, basterebbe un breve ripasso per verificare che nella disposizione transitoria finale della nostra Costituzione, invece, si recita «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista»). Nel secondo caso, la seconda carica dello Stato sta snaturando il senso di una giornata e ciò che storicamente rappresenta per la Nazione tutta, e ciò è molto grave.

Probabilmente, al Presidente del Senato andrebbe ricordato che la Costituzione in sé, su cui lui e tutti i Presidenti prima di lui hanno giurato, non esisterebbe se il fascismo non fosse stato sconfitto in Italia. Sarebbe forse lapalissiano ricordare che l’apologia del fascismo è reato, anche se abbiamo visto come spesso, in questo paese, un giovane che protesta per i cambiamenti climatici è più punibile di chi si diletta a sollevare il braccio destro.

E invece no: il 25 aprile va celebrato!

Il 25 aprile va celebrato e ricordato perché non è più possibile darlo per scontato, specialmente oggi che la democrazia è costantemente messa a repentaglio da “nuove” e vecchie tendenze autoritarie. Anche Umberto Eco, qualche tempo fa, ci aveva visto lungo in merito. La sua analisi lungimirante della realtà lo aveva portato a definire un modello di “fascismo eterno” che, come un fantasma, si aggira silenzioso per l’Europa.

Se una figura autorevole come la sua ci richiamava alla lotta, in quanto “libertà e liberazione sono un compito che non finisce mai”, ecco che lottare e reagire assumono un diverso significato. Ogni 25 aprile ricordiamo la storia, i valori dell’anti-fascismo e della libertà; manifestiamo e facciamo marce pacifiche, dimostrando quanto questi valori ci tengano uniti; lottiamo con lo strumento che spesso è il più potente di tutti, la parola. Sarebbe il caso di non far passare altri 77 anni per comprendere il significato di questa giornata storica e il fatto che non c’é niente di divisivo o partitico in questi valori che fondano la nostra Costituzione.

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