Nella domenica del 13 Novembre 2022, una donna di nome Ahlam Albashir commette un attacco di tipo terroristico a Istanbul, causando 6 morti e 81 feriti. Da Ankara è subito iniziata la caccia all’uomo, attribuendo l’attentato al PKK, ovvero il Partito dei Lavoratori Curdo, da sempre avverso all’attuale governo della Turchia e tracciato come gruppo terroristico dallo stesso. I militanti del Partito però, hanno prontamente smentito il loro coinvolgimento.

Ciononostante le tensioni si sono intensificate tra il governo Erdoğan e la popolazione Curda, specialmente quella sostenitrice del PKK o delle unità di guerriglia come le YPG e YPJ.

Combattenti curdi iracheni [Foto di AlJazeera]
                        Combattenti curdi iracheni [Foto di AlJazeera]

Gli attacchi del 19 Novembre

Gran parte del Kurdistan siriano e iracheno è, dal 19 Novembre, sotto le bombe della Turchia.

Si segnalano bombardamenti a Kobane, Shengal, Derik, Ain Issa, Tel Rifaat, Derbasiye, Sulaymaniyya e Qandil; luoghi dove ci sono diverse basi dei combattenti curdi, che da anni portano avanti una vera e propri guerra non solo col governo turco, ma anche contro le unità dell’esercito dell’IS, che rischia di tornare all’attacco proprio a causa di questo nuovo conflitto sul suolo curdo.

A riguardo, L’Internazionale riporta la traduzione di una parte di analisi attuata dal Jerusalem Post sulla questione:

Mentre domenica sera la narrativa ufficiale di Ankara era che l’esplosione a Istanbul ‘poteva’ essere terrorismo, lunedì mattina non solo era stato deciso di sì, ma era anche stata trovata la colpevole e ogni pezzo del puzzle era al suo posto.

In ogni caso, qualsiasi sia la verità riguardo i tragici avvenimenti del 13 Novembre, sono ormai circa tre anni che Erdoğan torna ciclicamente a parlare in termini duri di eventuali operazioni da condurre contro il Kurdistan e le sue truppe guerrigliere.

Un’escalation continua 

Dopo ciò che è accaduto a Istanbul però, non è solo la Turchia a essere scesa in campo in questo sanguinoso conflitto. 

Oltre alla già citata problematica del ritorno dell’ISIS, anche l’Iran sembra intenzionata a giocare un ruolo decisivo in questo scontro. I Guardiani della Rivoluzione, l’organo principale dei corpi militari iraniani, ha già condotto un attacco rivolto agli avamposti curdi nel nord dell’Iraq. 

 L’Iran è a oggi protagonista di diverse proteste, tra le quali risultano anche mobilitazioni di minoranze curde contro il governo repressivo iraniano. In questo completo report pubblicato su Qantara, da Birgit Svensson, sono riportati nel dettaglio tutti gli avvicendamenti che hanno condotto Turchia, Iran e Kurdistan a un nuovo scontro su larga scala. 

L’Europa nei confronti della questione

Recentemente la Svezia ha ceduto alle pressioni del presidente Turco e ha deciso di estradare il curdo Mahmut Tat, accusato di essere un membro del PKK. La scelta di agire in tale modo è il risultato di un blocco attuato da Erdoğan all’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO. 

Contemporaneamente il Parlamentare Europeo Fabio Massimo Castaldo si è fatto promotore di una lettera aperta, scritta insieme ad altri 19 suoi colleghi, indirizzata alla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen e al vice-presidente Josep Borrell. In questa lettera si chiede di prendere netta posizione contro gli attacchi del governo Turco e condannare le azioni di Erdoğan.  Viene ricordato anche il ruolo chiave delle milizie curde contro le unità Jihadiste e di come in quella zona sia nato un modello alternativo di società, perennemente a rischio. 

Per quanto riguarda l’Italia, una parte della militanza politica extra-parlamentare ha cercato di dar voce a queste istanze. Il 30 novembre vi è stato un presidio a piazza dell’Esquilino per denunciare l’aggressione Turca e specificatamente il presunto uso di armi chimiche. A riguardo, un’altra lettera aperta è stata scritta e firmata da studiosi e attivisti con la richiesta di aprire un’indagine internazionale. Tra i firmatari, il professor Michael Gunter, segretario generale della Commissione civica UE-Turchia. 

Nella giornata del 2 Dicembre, a Roma e a Pisa e nella giornata del 3 Dicembre a Torino, studentiitaliani e curdi, sono scesi nelle piazze, denunciando il silenzio generale dei media italiani ed europei sul nuovo conflitto. A Pisa è stato simbolicamente occupata per 48 ore la sede universitaria dai ragazzi del Collettivo Universitario Autonomo, prendendo di mira i rapporti dell’ateneo con la società Leonardo, che fornisce armi al governo Turco. 

Tirando le somme

L’esperimento di democrazia alternativa del Kurdistan, come lo definiscono studiosi e organizzazioni, che parte dal Rojava e attraversa altre zone delle regioni, è ancora una volta conteso tra Turchia, Iran e la minaccia Jihadista. Ora non resta che aspettare un’evoluzione degli eventi, una presa di posizione da parte della Commissione Europea e una maggiore diffusione delle notizie sui media Italiani e non. 

 

Luca Macerata

 

 

 

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