• “Sai, a breve avvierò la domanda per richiedere il riconoscimento del possesso dei 24 Cfu”
  • “Ah, davvero?”
  • “Sì, così potrò insegnare

Quante volte, durante la giornata, ci capita di avere una conversazione del genere? Ma è davvero così che stanno le cose? Che cosa significa oggi, in Italia, l’espressione “politiche per la formazione ed il reclutamento del personale docente”? Facciamo un po’ di luce su questo tema.

Un po’ di storia…

È il 2015, dopo aver abolito i vecchi sistemi di reclutamento degli insegnanti di scuola secondaria previsti dalla normativa fino ad allora vigente, il Governo Renzi vara la L. n. 107/2015, nota poi come “Buona Scuola”. All’interno di quel testo di legge, tra i tanti aspetti oggetto della riforma, era prevista anche la revisione delle iniziative di reclutamento e formazione degli insegnanti di scuola secondaria, indicando la via maestra in un percorso di formazione e tirocinio post-lauream di durata triennale (FIT – Formazione Iniziale e Tirocinio), finalizzato all’ottenimento diretto della cattedra e il cui accesso era condizionato dal possesso di “24 Cfu nelle discipline psico-pedo-antropologiche e metodologie didattiche”. Questi CFU, nell’intenzione iniziale del legislatore politico, andavano conseguiti all’interno dei corsi di laurea o subito dopo la laurea e venivano richiesti, retroattivamente, anche a chi già insegnasse, a tempo determinato, nelle scuole superiori.

        Tuttavia, dopo la vittoria del “NO” nel referendum costituzionale del 2016, il Governo Renzi si dimette e la crisi di governo blocca l’iter parlamentare della riforma, la quale necessitava ancora del relativo decreto attuativo. Un blocco normativo che si prolungò fino all’agosto 2017, quando il Governo Gentiloni, con il D.Lgs. 616/2017, definì in dettaglio l’offerta formativa dei 24 Cfu, indicando quali SSD (Settori Scientifico Disciplinari) fossero validi al loro conseguimento e quali no, impose un tetto al costo richiesto dalle Università per la loro erogazione (max. 500 euro) e stabilì che, oltre alle Università fisiche, anche gli atenei telematici e gli enti privati che con essi collaboravano e collaborano avrebbero potuto erogarli.

        Il tempo passa e la XVII Legislatura volge al termine (con qualche mese di anticipo rispetto alla sua scadenza naturale). Così, il 4 marzo 2018 l’Italia va al voto. Dalle urne escono vincitori due partiti: il “MoVimento 5 Stelle” e la “Lega per Salvini Premier”. Dopo 90 giorni di tribolazioni politiche, il 1 giugno di quell’anno nasce il Governo di coalizione Lega-M5S, detto “Giallo-Verde”.

        Il Ministro dell’Istruzione di quel Governo, il leghista Marco Bussetti, abolisce la parte della “Buona Scuola” relativa ai percorsi FIT e all’inserimento diretto su cattedra da essi previsto, ma non i 24 Cfu ad essi connessi. Una scelta da ricondursi, probabilmente, al fatto che tanti insegnanti e tanti studenti universitari avessero già pagato alle Università italiane molti soldi per il loro conseguimento e abolirli sarebbe stato uno schiaffo a questo sacrificio economico. Inoltre, da più parti si chiedeva una formazione pedagogica per i futuri professori della scuola pubblica e i 24 Cfu apparivano come la risposta ideale.

I 24 Cfu dal 2018 al 2022

Il destino dei 24 Cfu, dopo l’abolizione dei percorsi FIT nel 2018, fu dunque quello di divenire una sorta di generico requisito di accesso per tutto. Dall’accesso al TFA Sostegno, al concorso scuola del 2020 (poi partito solo nella primavera 2022 a causa dei ritardi imposti dalla pandemia) fino alle Graduatorie Provinciali delle Supplenze (le famose GPS per l’assegnazione delle supplenze e delle cattedre a tempo determinato).

        Un destino, in parte, attribuibile al fatto che nessuno dei Governi che si sono succeduti ha avuto l’iniziativa politica di modificarli, e in parte attribuibile alle dimensioni del mercato dei titoli che le Università e altri enti privati avevano costruito attorno all’erogazione di questi 24 Cfu.

Il PNNR e la nuova riforma del reclutamento

Questa situazione si prolunga fino alla più recente cronaca politica. Nel giugno 2022, infatti, il Governo presieduto da Mario Draghi presenta una nuova riforma del reclutamento dei docenti delle scuole secondarie.

        La ragione? Nel 2020, il Governo Conte II aveva ottenuto dall’Unione Europea, dopo una lunga trattativa durata tutta un’estate, dei fondi straordinari per la ripartenza dell’Italia, un piano economico poderoso chiamato “Next Generation EU” e sostanziato giuridicamente nel “PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

        I fondi europei previsti in questo piano – oltre 200 miliardi di euro – non sono però un regalo che l’Europa fa all’Italia e alle altre nazioni europee: le risorse  vengono erogate dall’Unione a rate, o tranches, e l’ottenimento di ogni rata è condizionato ad una riforma del sistema pubblico italiano. Nel dettaglio, l’erogazione della settima tranches di fondi del PNRR è condizionata ad una riforma delle politiche di formazione e reclutamento del personale docente e all’assunzione, entro il 2024, di 70mila nuovi insegnanti.

        Per far fronte a questa condizione necessaria per accedere ai fondi europei, nell’aprile del 2022 il Governo Draghi emana il D.L. 36/2022, poi convertito nel giugno successivo nella L. n. 79/2022. Questi due testi di legge istituivano un nuovo canale di reclutamento del personale docente, caratterizzato da un percorso costituito da 60 Cfu di natura psico-pedagogica.

Il percorso 60 Cfu: accesso, caratteristiche e distinzioni

Sì, lo so costa state pensando: “60 Cfu? Ma sono pazzi?”.

        Andiamo con ordine: i nuovi percorsi 60 Cfu avranno durata annuale e verranno banditi ogni anno, probabilmente saranno a numero chiuso e i posti disponibili verranno stabiliti sulla base del numero delle cattedre vacanti stimato dal Ministero dell’Istruzione, così come avviene per i corsi di specializzazione sul sostegno didattico. Inoltre, permetteranno di conseguire, alla fine del percorso, l’abilitazione nazionale alla docenza. L’abilitazione, infatti, non si consegue con l’abbinamento “Laurea + Cfu della classe di concorso per l’insegnamento” e prima della riforma veniva rilasciata solo dopo il superamento di varie procedure concorsuali.

Come funzioneranno? La L. n. 79/2022 prevede tre canali di accesso possibili ai percorsi 60 Cfu:

  • Durante i cinque anni della laurea triennale e della laurea magistrale, come percorso parallelo al normale ciclo di studio;
  • Durante i cinque anni previsti dai percorsi di laurea a ciclo unico, come percorso parallelo al normale ciclo di studio;
  • Post-lauream, con un percorso ad hoc.

        In tutti e tre i casi, i 60 Cfu del percorso si compongono, oltre che di veri e propri corsi ed esami di natura psicopedagogica, di una quota di ore di tirocinio diretto da svolgersi obbligatoriamente nelle scuole e di una prova finale, consistente a sua volta nella discussione di un elaborato (simile ad una tesi di laurea) davanti ad una commissione. A percorso concluso e ad abilitazione alla docenza conseguita, si partecipa poi al concorso. Il quale avrà, tra i requisiti previsti nel bando, il possesso dell’abilitazione rilasciata dai percorsi 60 Cfu stessi e grazie al superamento del quale sarà finalmente possibile ottenere la cattedra in modo stabile (dopo un periodo di un anno di servizio in prova previsto in ogni caso).

        Diverso è invece il caso di chi insegna, a tempo determinato, nella scuola pubblica – sono quindi esclusi da questa casistica gli insegnanti degli istituti paritari – da un minimo di 36 mesi (tre anni, anche non continuativi, purché svolti nell’ultimo quinquennio) e che ha svolto almeno un anno di servizio, tra questi tre, insegnando la propria materia.

        Per questi docenti precari, l’iter prevede la partecipazione diretta al concorso, superato il quale accedono ad un anno di “prova” a tempo determinato. Concluso questo anno, questi docenti dovranno integrare una quota di 30 Cfu al posto dei 60 previsti dal percorso classico e sostenere una verifica finale consistente in una prova scritta e in una simulazione di lezione. Fatto ciò, questi insegnanti precari conseguono, qualora non la avessero, l’abilitazione alla docenza e accedono ad un altro anno di “prova” a tempo determinato, alla conclusione del quale ottengono finalmente il ruolo e la cattedra a tempo indeterminato.

ATTENZIONE!

I due percorsi fin qui analizzati hanno carattere di definitività: cioè, questi due canali di accesso sono e rimarranno validi sempre, in quanto sono descritti dal testo di legge come i due canali di reclutamento “a regime”.

        Ma come spesso succede in Italia, le cose lineari non fanno per noi. Per questa ragione, nella L. n. 79/2022 sono previsti altri due percorsi “facilitati” alternativi alle due versioni del percorso 60 Cfu ordinario appena illustrato. Perché? Perché, per molti studenti universitari in odore di laurea imminente e per molti insegnanti precari che lavorano nella scuola già da anni, conseguire questi 60 Cfu nel modo classico non è possibile. Sono quindi stati previste delle “norme transitorie”, valide cioè fino al 31 dicembre 2024 e non oltre:

  • Caso 1. Ho già la laurea/mi sto per laureare e ho già acquisito i vecchi 24 Cfu.

        No, con i vecchi 24 Cfu non ci si fa la zuppa. Coloro che, entro e non oltre il 31 ottobre 2022, abbiano già conseguito i vecchi 24 Cfu e la relativa certificazione, hanno la possibilità, fino al e non oltre il 31 dicembre 2024, di affrontare il percorso di reclutamento in modo “facilitato” rispetto alla normativa ordinaria.

        In questo caso (similmente a quanto avviene per i docenti precari con tre anni o più di docenza alle spalle), l’aspirante docente accede direttamente al concorso, superato il quale dovrà affrontare un primo anno di docenza a tempo determinato e integrare, contestualmente, un minimo di 30 Cfu in vece dei 60 previsti dalla riforma. Fatto ciò, dovrà superare la prova finale, la stessa prevista per i docenti del precariato cosiddetto “storico” (dunque, una prova scritta e una simulazione di lezione), grazie alla quale consegue l’abilitazione nazionale alla docenza. Infine, il nostro aspirante docente dovrà affrontare un secondo anno di servizio di “prova” a tempo determinato, al termine del quale otterrà il ruolo e la cattedra a tempo indeterminato. Come dicevo, un percorso “facilitato”, no?

  • Caso 2. Sono un insegnante precario con meno di tre anni di servizio alle spalle/sono un insegnante precario che insegna in un istituto paritario/sono un laureato che ha conseguito i 24 Cfu dopo il 31 ottobre.

        Anche in questo caso, si tratta di un canale di accesso transitorio, valido fino al e non oltre il 31 dicembre 2024. Il docente aspirante, in questa seconda ipotesi, deve acquisire minimo 30 Cfu, necessari alla partecipazione al concorso, superato il quale dovrà affrontare un percorso del tutto speculare a quello appena descritto nel caso 1 (anno di docenza a tempo determinato – integrazione di ulteriori 30 Cfu – prova finale composta di prova scritta e simulazione di lezione – abilitazione – anno di servizio in prova – ruolo e cattedra a tempo indeterminato).

        Va infine sottolineato che, secondo il testo di legge, nessuna di queste ipotesi di percorso può essere erogata dagli atenei telematici. Dunque, ognuno di questi percorsi e ognuna delle formule da essi previsti vanno affrontati nelle Università fisiche statali.

Il percorso 60 Cfu: la grande incompiuta del Governo Draghi

Va detto però che tutto ciò che abbiamo appena descritto con dovizia di particolari non esiste. No, non si tratta di uno scherzo mal riuscito: la L. n. 79/2022 e la relativa riforma dei percorsi di reclutamento sono sì legge dello Stato pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ma non è mai stato fatto il necessario decreto attuativo che permettesse alle Università di far partire concretamente i percorsi.

        Perché questa stortura? Non era il Governo Draghi “il Governo dei Migliori”? Ebbene, come i lettori più attenti alle vicende politiche ricorderanno, il 20 luglio scorso, con la crisi del Governo Draghi, si è prodotta la fine anticipata della Legislatura e le conseguenti elezioni politiche del 25 settembre. Il Governo uscente avrebbe dovuto approvare il decreto attuativo entro lo scorso 31 luglio, ma la crisi politica ha impedito che l’azione del legislatore governativo proseguisse, costringendo il Governo a gestire solo l’ordinaria amministrazione. Di conseguenza, il decreto attuativo è stato rinviato al Governo venturo.

        Cosa ci sarebbe dovuto essere nel decreto attuativo della riforma? Niente di che, tranquilli… forse. Il decreto attuativo mai approvato avrebbe dovuto definire l’offerta formativa dei 60 Cfu del percorso ordinario e dei 30 Cfu previsti dalle altre ipotesi di percorso (quali esami fanno parte di queste quote di Cfu? Quali sono gli SSD previsti? Come sono suddivisi? È possibile chiederne il riconoscimento con altri esami presenti nei normali piani di studio?). Fintanto che  non verrà varato il relativo decreto attuativo, la L. n. 79/2022 è una sorta di fantasma giuridico. Una enorme incompiuta, simile alla Turandot di Puccini.

        In questo senso, ad oggi, studenti, laureati e insegnanti precari che aspirano alla cattedra sono come le anime del Purgatorio di Dante, poiché nessun altra procedura di reclutamento è stata varata. Sospesi tra il “non ora” e il “non più”, ogni aspirante all’insegnamento nelle scuole medie e superiori non può far altro che aspettare, nella speranza che una classe politica troppo miope per essere lucida sblocchi la situazione.

Alcune riflessioni conclusive

In genere, nelle favole, a questo punto della storia giunge la morale e il tanto agognato “e vissero tutti felici e contenti”. O almeno chi scrive vorrebbe tanto poterlo dire. Vorrei tanto concludere questo articolo parlandovi di una  pentola d’oro posizionata alla fine di un bell’arcobaleno. Ma non è così che stanno le cose.

        La verità è che questa riforma presenta più di un aspetto critico: oltre ad essere inutilmente complicata, prolunga di minimo un anno il tempo necessario alla formazione del docente e dilata la condizione (già di suo notevolmente dilatata) di “docente precario”. L’assenza poi di un decreto attuativo rende ogni aspetto di questa legge estremamente volubile al corso degli eventi, inficiando quanti speravano che, pur nella sua dedalica complicazione, questo provvedimento potesse rappresentare una parola definitiva all’annosa questione del come si diventa insegnanti nelle scuole secondarie.

        Ma forse ci siamo tutti illusi. Forse la legge, il Governo, l’ascesa di una destra riottosa e retriva (che non ha dichiarato in alcun modo quale sarà il suo atteggiamento nei confronti di questa grande incompiuta), forse tutto ciò non è altro che un sogno e domani ci sveglieremo tutti in un mondo migliore. Un mondo nel quale vivere tutti felici e contenti.

Simone Forcucci

Di Simone Forcucci

Classe '93 (sì, sono vecchio, lo so), laureato Magistrale in Scienze Filosofiche, laureato Magistrale in Scienze pedagogiche, mematore professionista. Mi occupo prevalentemente di scuola e di quel contorto e perverso rapporto che la politica ha con la scuola italiana. Anche se laureato, mi piace collaborare con Romboweb al fine di divulgare al meglio possibile presso i futuri insegnanti le notizie che da quel mondo, spesso ignoto e oscuro, provengono.

Un pensiero su “Della nuova riforma 60 Cfu e altre amenità governative: dal PeF24 ai nuovi requisiti per insegnare”

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