Nuovi ritrovamenti di epoca preromana in Piazza San Giustino ancora non ufficializzati dalla SABAP Abruzzo, Marino Valentini si espone sulla vicenda
Negli ultimi giorni stanno girando delle novità riguardo gli scavi di Piazza San Giustino. Sebbene non siano ancora state confermate dalla Soprintendenza, sembrano essere delle indiscrezioni davvero interessanti. Recandosi sul luogo è possibile osservare ogni giorno gli addetti ai lavori, molto indaffarati, che procedono con i loro compiti su tutta la Piazza e senza sosta. Infatti, pare siano giunti straordinari ritrovamenti: mura di epoca preromana. È proprio questa la notizia che continua a far sperare alcuni e per altri non è che una conferma delle loro preesistenti idee. Una tesi che si avvalora e che rende orgogliosi: forse non è tutto andato perduto.
La scoperta è stata resa possibile da un cambio di manovra. Sembra, infatti, che si sia deciso di ampliare la zona da ispezionare, avvicinandosi alla porta di accesso della Piazza e l’angolo contiguo al Tribunale. Una scelta sicuramente vincente che ha permesso di riflettere su tutta la porzione di scavi. Inizialmente era chiaro che il sito fosse il risultato di sovrapposizioni di insediamenti riconducibili ad epoche diverse, ma la Soprintendenza aveva subito smentito sentenziando che tali congetture fossero false e che non ci fosse l’immediata leggibilità della porzione da cui era emersa la Venere Teatina. Nonostante le parole dure delle Istituzioni, alcuni studiosi ed esperti della questione hanno subito espresso la loro sostenendo che, invece, quei ritrovamenti fossero una chiarissima manifestazione della presenza di un ricco sito archeologico. Impossibile pensare che sia un territorio sprovvisto di ricchezze archeologiche e di importanti testimonianze storiche oltreché artistiche, visti anche i ritrovamenti dello scorso autunno.
Le mura di cui oggi si parla hanno fatto pensare ad un’area sacra, come ha meglio spiegato Oscar D’Angelo in un suo articolo su Chieti Today. Infatti, uno studio stratigrafico ha fatto emergere indizi di una presenza addirittura marrucina: per questo motivo i ritrovamenti farebbero pensare ad un periodo ante Urbem. Queste nuove speranze non hanno, però, fatto dimenticare il dibattito intorno alla questione che si era posto agli inizi degli scavi, né le manifestazioni di protesta in Piazza nei confronti della decisione della Soprintendenza di cementificare tutto senza pensarci su. Infatti, uno degli autori della appena edita “Bibliografia Teatina” Marino Valentini, ha espresso un parere competente, non di parte e che analizza perfettamente la questione. Ricorda, infatti, che per le opere pubbliche è obbligatoria l’applicazione di una normativa apposita secondo la quale bisogna verificare preventivamente l’area archeologica interessata per accertare, o meno, la presenza di giacimenti archeologici ancora conservati nel sottosuolo. E ribadisce, inoltre, che «I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione». Tutta questa procedura permetterebbe «alla committenza di opere pubbliche di conoscere preventivamente il rischio archeologico dell’area su cui è in progetto l’intervento e di prevedere in conseguenza eventuali variazioni progettuali, difficilmente attuabili in corso d’opera». Valentini conclude, così, il suo discorso espresso sui social asserendo che la corretta procedura di tale pratica è importante, così come è importante mettere al corrente l’opinione pubblica dei risultati o non risultati ottenuti, poiché «gli stessi lavori vengono svolti nell’interesse della collettività e non certo ad uso e consumo di un ufficio ministeriale».
Redazione Romboweb – Marzia Cotugno