Altro taglio drastico sulla spesa per l’istruzione; quattro miliardi in meno sulla scuola pubblica, il tutto per quota 100

Se questo è il cambiamento.
La spesa pubblica per l’istruzione subirà l’ennesimo taglio. Quattro miliardi di euro in meno sulla scuola pubblica; il sostegno sarà l’ambito educativo più colpito, con un miliardo nel ciclo primario, 300 milioni in quello secondario.
L’analisi fatta dal Corriere della Sera sugli allegati alla Legge di Bilancio 2019 (e approvata a dicembre 2018) mette in evidenza una riduzione sulla spesa per l’istruzione da 48,3 milardi a 44,4 milardi nel giro di tre anni. I tagli colpiranno principalmente l’istruzione primaria (da 29,4 a 27,1 miliardi di euro) e quella secondaria (da 15,3 a 14,1 miliardi).

Nel frattempo, per Quota 100 la spesa aumenta di quattro miliardi

Il rischio, a questo punto, è la dimostrazione impopolare che i dati spiegano.
Coincidenza siderale, la spesa per le pensioni, dopo il provvedimento Quota 100, aumenterà da 96,4 a 100,2 miliardi di euro tra il ‘19 e il ‘21. Esattamente quattro miliardi.
Finalmente si va in pensione. E Il neo pensionato viene rappresentato come l’eroe moderno contro la disoccupazione giovanile, secondo i redattori del provvedimento.

“La Quota 100 crea posti di lavoro!”

Ma è davvero così?
No, la realtà ci dice altro. Difficilmente un milione di persone che vanno in pensione liberano un milione di posti di lavoro per i giovani. Sono due generazioni spesso molto lontane tra loro: una persona di 62 anni, con una determinata esperienza, non potrà essere necessariamente sostituita da una persona giovane, che ha tutt’altro livello di istruzione e tutt’altra esperienza. Si potrebbe anche dire che sono rari i casi in cui una persona prossima al pensionamento verrà sostituita da una persona giovane. È probabile che quel posto di lavoro abbia subito dei mutamenti o altre caratteristiche tali da richiedere una persona con molti anni di esperienza. Oppure, potrebbe succedere che quel lavoro, per altre dinamiche e con il passare del tempo, non abbia alcun senso di esistere.
È un mito della politica contemporanea.

Dati e previsioni agghiaccianti

È opportuno partire con il considerare le politiche italiane in materia d’istruzione; politiche distanti anni luce dalle medie europee. Secondo l’associazione Anief (Associazione Sindacale Professionale), in Italia un docente viene pagato la metà dei colleghi europei; con la stessa ultima legge di Bilancio è stata anticipata una riduzione progressiva nel prossimo ventennio di investimenti rispetto al Pil, con il punto più basso già fissato nel 2040, quando si scenderà dal 3,9% al 3,1%. (Nel frattempo la media degli investimenti pubblici in materia d’istruzione dei Paesi dell’OCSE si aggira intorno al 5%.

Redazione Romboweb Giornale studentesco universitario
Claudio Tucci

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