Fauso Podavini, con il suo obiettivo racconta l’Alzheimer. «Ho capito che doveva essere questa, e non la malattia, la chiave di lettura». 

Fausto Podavini, artista romano, inizia il suo percorso fotografico come assistente e fotografo di studio, per poi avvicinarsi sempre di più al reportage sociale: «Ho iniziato a fotografare con la reflex manuale di mio padre: diapositive (tante), rullini (tanti), tentativi più o meno riusciti, camera oscura e tanta tanta passione».
Nel corso della sua carriera collabora con varie Onlus tra l’Africa e l’America del Sud, non tralasciando mai il suo Paese d’origine. A tal proposito realizza diversi progetti in Italia, tra cui Mirella, un lungo lavoro iniziato nel 2006 e terminato solo nel 2013: è un progetto sull’Alzheimer, malattia raccontata attraverso l’amore, la sofferenza e le speranze di una donna, Mirella, che ha assistito per sei lunghi anni il marito Luigi, affetto da demenza senile. Come dice Podavini le difficoltà fotografiche sono state molte, ma sono svanite di fronte alle emozioni di questa coppia: «Poi una cosa mi è balzata agli occhi: l’amore spropositato di questa donna verso il marito. Ho capito che doveva essere questa, e non la malattia, la chiave di lettura». 
Podavini ha realizzato ben 39 foto: i suoi scatti, tutti in bianco e nero, immortalano la vecchiaia che offusca i pensieri e che rivoluziona la vita di una coppia giorno dopo giorno. Ciò che colpisce nelle foto è la forza dell’amore, che al contrario rifiorisce, senza far appassire il forte legame tra Mirella e Luigi: l’obiettivo del fotografo si focalizza sulla loro vita quotidiana fatta di baci, carezze, oggetti, gesti e dedizione. Una storia fotografata dentro un appartamento, che non ha confini. 
Con questo progetto Fausto Podavini vince il primo premio nella sezione «Daily life» del Word Press Photo 2013: è riuscito ad entrare in contatto con l’intimità, non soltanto della coppia, ma anche della malattia: «La mancanza della consapevolezza e della conoscenza della malattia è un problema globale che investe drammaticamente le singole vite coinvolte. Il marchio della demenza, che impedisce di parlarne liberamente, e l’erronea credenza che non si possa far niente per i soggetti affetti da demenza e per le loro famiglie, sposta il problema ad un livello secondario e nascosto». Dunque tramite la fotografia, efficace arma espressiva, Podavini denuncia la disinformazione e sensibilizza le coscienze delle persone.
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