Siamo ormai nella fase clou delle primarie per scegliere i candidati dei due partiti principali, Democratico e Repubblicano, alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti fissate per l’8 novembre.

Dopo le prime competizioni di febbraio si sperava che il Super Tuesday (la giornata in cui tradizionalmente si tengono allo stesso tempo le primarie in tutti i principali Stati del Sud degli USA) avrebbe dato un vincitore netto, ma così non è stato: alcuni dei candidati minori si sono ritirati e la partita rimane più o meno aperta.

Come funzionano le primarie in America? Semplificando al massimo: i due partiti principali, in ogni Stato e territorio degli USA, organizzano delle elezioni «preliminari» per decidere chi sarà il candidato unitario del partito da sostenere alle presidenziali. All’interno dello Stato vengono così eletti, tramite elezioni primarie, un totale di «delegati»: essi sono distribuiti (in modo proporzionale o maggioritario) tra i candidati in corsa per la nomination a seconda dei risultati delle primarie locali. Tutti i delegati eletti in questo modo concorreranno poi in estate a nominare il candidato unitario del partito, che sarà dunque, generalmente, il candidato che ha conquistato la più alta somma totale di delegati nelle varie primarie. Un metodo contorto ma abbastanza coerente che rende la corsa lunga e spesso imprevedibile.

Sul lato Dem la situazione è abbastanza chiara: Hillary Clinton (ex Senatrice, ex First Lady, Segretario di Stato durante il primo mandato di Obama) è ampiamente avanti su Bernie Sanders (Senatore del Vermont, noto per le sue posizioni socialiste e radicali per gli standard statunitensi). Non ha tuttavia ancora un vantaggio tale da eliminare ogni dubbio: le primarie in programma per marzo e aprile saranno probabilmente decisive.

Tra i Repubblicani invece regna il caos: il miliardario Donald Trump, di posizioni radicalmente conservatrici su molti fronti, è in vantaggio ma dispone solo di una maggioranza relativa dei delegati; il secondo, Ted Cruz (Senatore del Texas, anche lui radicale), non è molto distante. Seguono Marco Rubio (Senatore della Florida) e John Kasich (Governatore dell’Ohio), entrambi comunemente considerati più moderati (soprattutto il secondo). Le primarie in programma per martedì 15 marzo saranno forse cruciali: in Florida e Ohio, infatti, si voterà col cosiddetto metodo winner-takes-it-all, ovvero il candidato che vince anche solo per un voto conquista tutti i delegati in palio nello Stato. Rubio e Kasich, in difficoltà nelle precedenti prove, hanno riposto molte speranze in questi due Stati (nei quali rispettivamente risiedono) e una loro vittoria qui riaprirebbe spettacolarmente la partita, riducendo le possibilità di Trump di assicurarsi una vittoria netta.

In breve: occhi bene aperti sulle primarie di martedì 15. Per quanto riguarda i Democratici Clinton potrebbe ampliare o ridurre il proprio vantaggio su Sanders, il che influenzerebbe il seguito della gara; tra i Repubblicani invece Trump può vincere ampiamente e quindi prendere definitivamente la volata verso la nomination, o può perdere in favore dei suoi avversari, il che renderebbe tutto ancora più incerto.

Stefano Frullini

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