Oggi è 25 aprile e ieri sera ho passato l’ora di cena a cercare di far ragionare mia nonna, che il 25 aprile del 1945 aveva 13 anni e viveva a Chieti, sfollata da un paese di bassa montagna qui vicino. Aveva 13 anni e della Liberazione ricorda una grande festa, le caramelle, sua madre che piange commossa e tante voci che dicono che la guerra è finita.
Mi racconta queste cose per la milionesima volta ed è felice, finché non aggiungo, per la milionesima volta, che sì, nonna, è dal nazifascismo che ti stavano liberando, da quella cosa brutta che continui a difendere. Vi hanno liberato dal nazifascismo, che è il motivo per cui nessuna di voi tre figlie ha potuto conservare la fede della madre, oro per la patria, il motivo per cui avete avuto fame e che il pane era sempre poco e voi sempre troppi, e dovevate fare delle file lunghe lunghe per averlo. Qualche volta avete avuto anche freddo, questo te lo ricordi, lo sai che quelle camicette nere e ordinate che ti piacciono ancora tanto non tenevano poi così caldo. 
Vi hanno liberato dal motivo per cui avete lasciato la vostra casa verso la più vicina città aperta, singhiozzando e trascinandovi via quattro stracci – “però sono stati buoni i soldati, papà gli ha chiesto un giorno in più per andare via e loro gli hanno detto sì, va bene anche domani”. Avete lasciato la vostra casa, nonna, anche se al tuo papà i fascisti piacevano, gli piacevano proprio tanto.
Vi hanno liberato, sì, e si libera qualcuno che è prigioniero, nonna, c’hai mai pensato?
Lei, come sempre a questo punto del discorso, mi dà la solita risposta di sempre. Mi dice che forse ho un po’ ragione e qualche cosa l’hanno sbagliata, ma solo perché i tedeschi hanno tradito Mussolini – che a noi  voleva bene, il papà di tutti lo chiamavamo!- Dice che non è vero che era cattivo – ci faceva fare le sfilate, e sapessi quanto eravamo belli, e avevamo la befana  e qualche volta i soldati facevano dei regali a papà, che era amico loro, anche la carne ci portavano, certe volte
Nonna, per la milionesima volta, non mi capisce quando le parlo di queste cose, quando le dico che mentre lei  da bambina sfilava sorridendo c’erano persone sulle montagne che morivano anche per lei, che sono morte per me. 
Non mi capisce perché non ha studiato, perché nessuno le ha insegnato a pensare, a capire il perché ha avuto tanta fame durante quegli anni.
Oggi è 25 aprile e io ho un nodo allo stomaco perché vicino casa mia, questa mattina, c’erano persone a distribuire pane e pasta ai cittadini bisognosi, proprio oggi dico, che è 25 aprile – e lo so che l’ho già ripetuto tante volte, ma non è mai abbastanza. 
Che bel gesto, che bravi ragazzi, ho sentito dire passandogli davanti. 
Ho un nodo allo stomaco perché questi bravi ragazzi parlano come qualcun altro parlava settant’anni fa, quando mia nonna aveva 13 anni. Questi bravi ragazzi dicono le stesse identiche cose ripetute settant’anni fa.
Ho un nodo allo stomaco perché come settant’anni fa, oggi qualcuno li ascolterà e crederà che sono davvero dei bravi ragazzi, che hanno ragione. Li ascolteranno senza pensare nemmeno un secondo alla montagna che hanno alle spalle, senza guardare la Maiella nemmeno per un attimo, forse senza nemmeno sapere che lì qualcuno ha Resistito!
Oggi è 25 aprile e io ho un nodo allo stomaco ma non ho paura. Non ho paura perché so che avrò sempre la pazienza di spiegare di nuovo alla mia nostalgica nonna cos’è stata la Resistenza e forse prima o poi la convincerò.
Non ho paura perché stamattina, cento metri dopo i bravi i ragazzi che distribuivano pane, ho incontrato un signore anziano che portava a spasso il suo cane. Quel signore ha guardato la mia maglietta blu con una cima di montagna stellata e la scritta MAIELLA, si è tolto gli occhiali da sole e fissandomi negli occhi mi ha sorriso e mi ha detto “Quand’è bell sà majett, signurì!”. 

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