Alcuni genitori con i propri figli vengono invitati a sottoporsi ad un “educative game”. Ecco cosa succede…

Separati da un pannello e posti di fronte ad uno schermo devono semplicemente riprodurre le smorfie che vengono proiettate. Visi e sberleffi differenti si susseguono tra risate e imitazioni da entrambe le parti, l’apparizione nell’inquadratura di una ragazza disabile cambia tutto.

Il video in questione, realizzato dalla Noémi Association, invitava alla riflessione sul nostro modo di guardare e considerare persone “diversamente abili”, puntando il dito contro l’accento che abitualmente diamo alla diversità.

Numerosi i commenti di confronto e differenti le opinioni dei viewers, tra letture più profonde e considerazioni più appurate riguardo l’innocenza e inconsapevolezza dei bambini, non mancano le critiche di chi considera il filmato un prodotto “da laboratorio” in cui le reazioni dei genitori sarebbero fortemente influenzate dalla presenza di telecamere e dalla volontà di salvare le apparenze; dall’altra parte appare chiaro che non tutti hanno colto il messaggio di fondo.
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La Noémi Association promuove la possibilità di rendere migliori le condizioni di vita di queste persone e il loro inserimento nella società proprio attraverso la creazione di una uniformità con la collettività; ma è effettivamente possibile cambiare così radicalmente l’opinione pubblica? E fino a che punto possiamo considerare “normale” una categoria tanto fragile? E soprattutto con che criterio definiamo i termini “normale” e “diverso”? 

Questi interrogativi, così come molti altri riguardo ai diritti dei diversamente abili, restano sfortunatamente senza risposta e lasciati in balia della sensibilità personale e all’opinione spesso pregiudizievole dei singoli.

Un pensiero su “Cos’è normale?”

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