Tra inutili regali accantonati nei meandri degli armadi, qualcuno troverà un libro che valga la pena conservare, un esempio? “Donne” di C. Bukowski.
Il protagonista è un sessantenne mal ridotto e trasandato, Henry Chinaski, stranamente attraente nonostante l’età. Le avventure di questo bizzarro artista si dipanano tra Los Angeles e New York, durante i roboanti anni ‘70. Nel suo itinerario si circonda di donne sole, dipinte come deboli abbastanza da cedere al sinistro fascino d’uno scrittore randagio. Nel monotono dipanarsi di serate alcoliche e reading, Bukowski scolpisce un personaggio che è anche immagine di se stesso: è evidente e dichiarata la vena autobiografica. La galleria dei personaggi femminili comprende donne incontrate nei luoghi più disparati. Sono donne difficili, folli, donne la cui condizione psichica emerge brutale e negativa. Il letto di Henry Chinaski le conosce tutte. Bukowski le dipinge come meraviglie siderali, tessendo una trama in cui i loro difetti scintillano come punti luminosi di una gelida costellazione. Tutto suona come una poesia al rovescio. Emerge una considerazione cruda e negativa della donna. Un libro a tratti sguaiato e sicuramente eccessivo per le amanti delle ordinarie trame romantiche. Sarà un racconto deludente per chi desidera immaginare notti di tenero amore: quanto rappresentato è in qualche modo il culmine della spersonalizzazione e dell’ indifferenza nel rapporto uomo-donna.