“Se vince è una combinazione tra Einstein, Leonardo, San Francesco, Platone e Dante. Se perde è un topo di fogna”
Questa frase di Gian Paolo Ormezzano, molto più che cronista sportivo nel trentennio successivo agli anni Settanta, comparsa in uno dei suoi taglienti editoriali su “La Stampa”, racchiude compiutamente e senza barriere temporali la figura dell’allenatore di calcio.
Una vita perennemente in bilico. Una sconfitta e la loro panchina trema, due sconfitte e “ non mangeranno il panettone”, tre sconfitte e l’esonero è quasi inevitabile. Ad un coach viene chiesto di essere indovino, psicologo, economista, propagandista, ma anche buon padre. Ogni sua parola, ogni suo gesto è analizzato al rallenty. Qualunque decisione, o non-decisione, viene esaminata all’infinito, criticata od osannata, dai critici o dai tifosi. Ma se vincente, se leader e trascinatore, se innovativo, se capace di grandi cose può imprimere il proprio nome in modo indelebile nella storia del club di appartenenza.
Il movimento calcistico italiano ha storicamente attirato e prodotto alcuni dei migliori allenatori e ha permesso ai tifosi con più anni di ammirare come si è evoluta la figura del mister di calcio. Dal Mago Helenio Herrera e il suo motto “Taca la bala”, “attacca la palla”, al visionario Arrigo sacchi, padre del calcio a zona.
E poi ci sono i condottieri dei giorni nostri. Capaci di esaltare ed ipnotizzare le folle, capaci di banchettare di ciò che più terrorizza l’allenatore mediocre: la pressione mediatica. Un po’ sergenti un po’ folli. José Mourinho e Antonio Conte, così diversi eppure così dannatamente uguali. Il lusitano ha incantato il popolo nerazzurro negli anni in cui la corazzata da lui assemblata divorava trofei . Su di lui: “Lavorava tantissimo per prepararci alle gare, costruiva la nostra fiducia prima delle partite. Era come un gioco psicologico” (Z. Ibrahimovic).
E poi il nostro nuovo CT: uno di quelli a cui la passione per la sfida e il gusto della provocazione hanno lo stesso effetto del sangue sugli squali. A lui il gravoso compito di ricostruire sulle macerie di una nazionale venuta fuori sgretolata dalle ultime due esperienze mondiali.
Alcuni sono stati licenziati prima di disputare una partita, altri addirittura prima che la stagione iniziasse. Conoscono bene la parola ultimatum: o vinci la prossima o te ne vai. Nonostante tutto, l’allenatore di calcio resta un mestiere fra i più straordinari ed affascinanti di sempre.
Edoardo Bruno