Cambio di nome: poca chiarezza, nessun progetto, nessun investimento futuro per l’ateneo: la dicitura “Adriatico” resta solo un’ottima trovata pubblicitaria

 

Che l‘aggiunta Adriatico al nome dell’ateneo fosse una trovata pubblicitaria era una cosa già nota da quando la proposta venne avanzata dal Rettore sotto il consiglio di un’azienda di marketing.
La Comin and Parteners è un’agenzia che si occupa di comunicazione per grandi aziende e, come in questo caso, anche per grandi atenei. Tra marchi come Google, Amazon, BMW, si legge anche il nome dell’ateneo abruzzese assieme ad altri poli universitari, come quello dell’Università Roma Tre.

A questo punto la domanda è: se dietro a questa grande rivoluzione “nominale” non vi è una concreta progettualità programmatica, quello che resta è solo una trovata pubblicitaria?
Sì, e a quanto pare questo non costituisce alcun problema per l’amministrazione. Eppure quando una giornata di pioggia mette in ginocchio molte delle strutture universitarie un’altra domanda si solleva: prima di concretizzare una “conquista della sponda balcanica” (come da intervista) non sarebbe meglio risolvere le problematiche interne dell’ateneo abruzzese?

Bisogna davvero spingersi verso i Balcani per migliorare l’Università?

In un’intervista rilasciata per il quotidiano ChietiToday il Rettore ha dichiarato: «Secondo noi è utile far capire che la nostra dimensione e la nostra ambizione […] sono ambizioni decisamente più grandi del solo territorio metropolitano e regionale dove sono e restano saldissime e vive le nostre profonde radici». Ma qui non è una questione di appartenenza o di identità delle “profonde radici”, qui è necessario un discorso sull’utilità di un simile cambiamento. Bisogna davvero spingersi verso i Balcani per migliorare l’Università?

Anche qui, prendendo in considerazione altri atenei sul territorio nazionale, la risposta risulta facile. Basta osservare le classifiche Censis: l’Università di Perugia (presente nella stessa classifica della d’Annunzio) ha conquistato nuovamente la prima posizione ottenendo un punteggio generale di 93,8 contro un 77,6 dell’ateneo abruzzese. Ma, andando nel merito del punteggio totale, si evincono delle differenze abissali. L’ateneo umbro ottiene votazioni alte in settori come Servizi, Borse, Comunicazione e Servizi Digitali, in particolare nell’Internazionalizzazione dove riceve un punteggio di 94 contro un “discreto” 71 della d’Annunzio. Come avrà fatto l’Università di Perugia a crescere di prestigio? Sicuramente non sarà andata nei paesi esteri, più che altro è il suo prestigio a raccogliere molti studenti stranieri e, attenzione, non si parla di Erasmus ma di iscritti che scelgono Perugia come importante esperienza di studi.

Per alcuni in questo caso “l’abito fa il monaco”. C’è invece la necessità di guardare realmente i dati che attestano un ateneo senza infamia e senza lode, un ateneo con scarsi servizi, con una comunicazione digitale poco efficiente e con un’internazionalizzazione mediocre, e che prima di pensare alle ammirevoli conquiste oltre regione si pensi prima, come doveroso ci si aspetti da un’amministrazione lungimirante, alle carenze strutturali. Sembra perciò che non vi sia realmente bisogno della dicitura “Adriatico” se non per una trovata pubblicitaria.

Romboweb Abruzzo Giornale studentesco universitario

Claudio Tucci

La galleria immagini è ripresa dagli accadimenti del 22 ottobre 2018 presso il polo di Farmacia e Medicina dell’università dell’Adriatico G. d’Annunzio

2 pensiero su “La d’Annunzio cambia denominazione per motivi di marketing”

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