Tra strumentalizzazioni e contentini. La forma precaria di uno sciopero mosso solo per l’aumento di stipendio

Siamo giunti al secondo sciopero dei docenti universitari in meno di un anno: l’intervento a loro favore da parte del ministero, ottenuto grazie alla legge di stabilità 2018, non è stato ritenuto sufficiente, nonostante la previsione di un aumento nel corso degli anni della retribuzione della docenza universitaria.

Qual è il problema

L’idea di condurre in porto una seconda ondata di sciopero parte dal presupposto che gli stipendi erogati dal ministero non siano sufficienti. Docenti e ricercatori infatti ritengono di essere stati la categoria maggiormente colpita dalle misure di austerità che hanno bloccato i loro stipendi tra 2011 e 2015. Le ragioni dello sciopero, quindi, sono rimaste invariate: i docenti hanno richiesto attualmente lo sblocco delle progressioni stipendiali rimaste sospese in quel periodo, come conseguenza della legge conosciuta come Legge Gelmini, e delle misure accessorie successive.

Le richieste “a favore” degli studenti

Fatte salve le richieste mosse dagli scioperanti per la loro categoria d’appartenenza, è possibile comunque rinvenire, leggendo fra le righe, forme di tutela proposte per gli studenti. Un esempio ne è la richiesta dello stanziamento della cifra di 80 milioni di euro per incrementare il “Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio“. I docenti, quindi, si sono accostati per la prima volta alle istanze mosse da parte dei movimenti studenteschi. Tali istanze tuttavia si ritengono puramente strumentalizzate, in un’ottica di legittimazione dello sciopero agli occhi della parte studentesca. Dalla lettera di proclamazione si evince infatti una significativa disparità nella formulazione delle richieste: la cura riservata nella stesura dei punti riguardanti i docenti è indubbiamente maggiore, rispetto a quanto fatto per le richieste che sono state menzionate per gli studenti. In primo luogo la richiesta di stanziamento di fondi per le borse di studio, per quanto indubbiamente positiva, risulta un elemento slegato rispetto agli altri, non curato nel dettaglio ed estremamente generico. Non si prende ad esempio in considerazione la lentezza burocratica che quest’anno ha lasciato almeno trenta mila studenti (idonei ma non beneficiari) senza borsa di studio, nonostante il Fondo integrativo statale previsto per l’erogazione del servizio superi la cifra di  220 milioni di euro.

Il vero sciopero

“Richiediamo già in questa sede ai Rettori delle Università italiane di voler portare in approvazione negli organi di Governo la destinazione delle trattenute stipendiali per questo sciopero alla erogazione di borse di studio per gli Studenti”. La proposta avanzata da parte del corpo docenti scioperante di destinare le trattenute degli stipendi per l’erogazione del servizio per le borse di studio suona tanto come un premio di consolazione per gli studenti, nuovamente a riconferma del tentativo di legittimare le ragioni dello sciopero agli occhi di tutti. Menzionare in una lettera la parte studentesca non significa coinvolgerla.
Leggendo la lettera alcuni termini utilizzarti saltano particolarmente agli occhi, parole che si ritengono incoerenti con l’intero spirito del Movimento, come: “raffreddamento del conflitto”, “eventuale fase di conciliazione”, “eventuale sospensione dello sciopero”, una terminologia questa dalla quale è semplice dedurre che, una volta ottenuti gli scatti stipendiali, l’intero movimento è disposto a tornare senza problemi al proprio posto di lavoro, come se si andasse a riconfermare l’idea che la ragione dello sciopero fosse riducibile unicamente ad un aumento di stipendio. Tutto ciò non farebbe altro che rafforzare il preconcetto per il quale si ritiene la docenza slegata su un piano pratico ed ideale dal rapporto con il mondo universitario, ossia gli studenti, e che è unicamente a salvaguardare il lato economico.

Un’università senza studenti, senza docenti e senza tecnici non esiste. È un sodalizio tra le parti. Le ragioni che conducono allo sciopero anche di una sola di tali parti   dovrebbero essere affrontate collettivamente da tutte, impedendo che la formazione di un movimento a tutela di uno di tali attori implichi la penalizzazione degli altri. L’intento finale deve e dovrebbe essere  un intervento in profondità sulla struttura stessa del mondo dell’istruzione, a partire dalla rimozione della oramai obsoleta  legge Gelmini.
Se ci rassegniamo a questa divisione fra le parti coinvolte, ogni speranza di cambiamento diventa una lotta sterile per il proprio protafogli .

Redazione Romboweb – Claudio Tucci

3 pensiero su “Secondo sciopero docenti: a caccia di denaro, non di una vera soluzione”
  1. Due precisazioni:
    1) E’ vero che lo sciopero causa un danno agli studenti (tuti gli scioperi lo fanno), ma causa anche un danno non marginale a chi sciopera. Per una giornata di astensione ci decurtano lo stipendio di quasi 300 euro… Dunque non si tratta di “penalizzare gli altri”, ma di “penalizzare tutti, compreso chi sciopera”, per ottenere quanto e’ giusto.
    2) E’ vero che nella sostanza si tratta di una rivendicazione prettamente economica: piu’ soldi per le borse di di studio, piu’ soldi per il turnover (assunzione di precari), piu’ soldi nella busta paga dei docenti gia’ di ruolo. Ma nel caso di questi ultimi non si tratta di un “aumento di stipendio”, bensi’ del ristoro (per il futuro, nessuno chiede gli arretrati) dello stpendio che per legge ci sarebbe spettato, che e’ stato decurtato “temporanemanete” in un momento di difficolta’ economica dello Stato, e che, mentre per tutti gli altri pubblici dipendenti, terminato il periodo di crisi, e’ tornato automaticamente allo stipendio di legge, per i soli docenti universitari continua a restare decurtato, e continuera’ ad esserlo vita natural durante, incluso TFR e pensione!
    E’ questa ingiusta disparita’ di trattamento nei confronti di tutti gli altri dipendenti pubblici che ci ha fatto sentire “l’ultima ruota del carro”, la componente debole a cui si poteva fare questa ingiustizia senza alcuna contropartita!

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