Nei momenti di nullafacenza nel nostro cervello si attiva il default mode network, responsabile dello sviluppo di creatività, capacità analitiche e autocoscienza.

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Nel sistema sociale in cui viviamo siamo abituati a considerare “l’essere impegnati”, sempre efficienti e mai fermi, come valori collettivi.

Tutti portatori di successo e benessere: qualsiasi cosa tu faccia, puoi farla in minor tempo, puoi farla meglio (più adeguata ad uno standard) e magari puoi farne altre due contemporaneamente perché si sa, il multitasking è vincente e il mondo non sta lì fermo ad aspettare i tuoi comodi.

Tuttavia, secondo il ricercatore americano Andrew Smart (New York University) a livello neurale le cose funzionano un po’ diversamente: quando siamo immersi in quell’ozio tanto caro ad artisti, scienziati ed intellettuali, quali il poeta Rainer Maria Rilke e Isaac Newton, il cervello è più attivo che mai e il Default Mode Network, responsabile di autocoscienza, creatività e capacità d’analisi è indipendente dagli stimoli esterni.
Antagonista del DMN è il task Positive Network, attivato viceversa dai numerosi stimoli esterni: bastano una mail o una notifica di social network a spegnere questa preziosa attività cerebrale e perdere la concentrazione e il tanto decantato multitasking è in questo senso un’overdose di stimoli.

Nel suo saggio In Pausa (Auto-Pilot in originale) lo studioso mette in risalto le conseguenze nefaste della vita frenetica nel mondo del lavoro su una preziosa funzione che ha guidato l’uomo verso le più alte vette dell’arte e della scienza e che così bersagliata porta a condizioni di stress, malessere psicofisico e scarsa lucidità introspettiva.

 Andrea Del Rosario

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