59 docenti indagati, 22 gli interdetti dalle funzioni accademiche, 7 agli arresti domiciliari. Il mondo accademico è sotto inchiesta 

Siamo a Firenze, quando da alcune intercettazioni della Guardia di Finanza si sente: “Non è che si dice è bravo o non è bravo. No, si fa: questo è mio, questo è tuo, questo è tuo, questo è coso, questo deve anda’ avanti per cui”. Sono le parole di Pasquale Lorusso, professore ordinario di diritto tributario, tra i sette agli arresti domiciliari per lo scandalo dei concorsi di abilitazione all’insegnamento risultati truccati.

“la logica universitaria è questa (…) un do ut des, tu mi dai questi a Napoli e io do… funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste provenienti dagli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio”; Con le parole di  Lorusso si rende finalmente chiara la logica corrotta che domina gli atenei italiani. Una logica che, al di là del fermento giornalistico in seguito al risultato delle indagini, non rappresenta una novità, più che altro evidenzia un’ovvietà divenuta di dominio pubblico nonostante i tentativi di tenerla nascosta.

Le indagini iniziate a Firenze nel 2013 sono giunte ad un risultato solo quattro anni dopo, nonostante fosse già pervenuta una denuncia in merito ad un concorso di abilitazione scientifica all’insegnamento in diritto tributario. Philip Laroma Jezzi, ricercatore di 49 anni e candidato al concorso nel 2012, spiega come alcuni docenti gli avevano chiesto di ritirarsi allo scopo di favorire altri candidati già designati come vincitori, anche con curricula inferiori. Jezzi rifiuta la pressione di questi docenti e nel dicembre del 2013, risultando “non idoneo”, presenta ricorso al Tar vincendo. Ma la denuncia non si ferma qui, il ricercatore decide di presentarsi in procura con le registrazioni delle minacce ricevute dai docenti della commissione.

Da qui scoppia il caso: il 25 settembre parte l’operazione chiamata alle armi della Guardia di Finanza di Firenze, così denominata probabilmente riferendosi alle “armi speciali” quale la raccomandazione, che porta all’arresto di 7 docenti universitari ordinari tra i 59 indagati per reati di corruzione. Docenti che influenzando commissioni con una vera e propria “chiamata alle armi” si scambiano favori incrociati in modo da spartirsi cattedre o favorire la scelta del proprio candidato.

Molti dei 59 indagati per reati di corruzione fanno parte di commissioni nazionali nominate dal ministero dell’Istruzione e questo fa di loro pubblici ufficiali. Ciò rende conto del fallimento delle istituzioni pubbliche italiane, in cui non vige un controllo in grado di garantire parametri meritocratici e di impedire a uomini con ruolo pubblico di fare il proprio interesse privato. Esempio lampante è quello di Augusto Fantozzi, ex ministro ed attualmente rettore dell’Università degli Studi Giustino Fortunato di Benevento. Il professor Fantozzi è stato titolare del dicastero delle Finanze nel governo Dini e di quello del commercio con l’estero nel primo governo Prodi, dal 2009 è rettore e docente di diritto tributario nell’ateneo di Benevento e dal 2008 al 2011 è stato commissario straordinario di Alitalia su indicazione del governo Berlusconi. Per lui il PM di Firenze ha chiesto l’interdizione dalle funzioni accademiche. Degno di nota è anche un altro professore, la cui fama è però legata a fatti di cronaca: Il professor Guglielmo Fransoni, insegnante di diritto tributario nell’Ateneo di Foggia e tra i sette agli arresti domiciliari per i concorsi di abilitazione  truccati. Egli viene menzionato nella cronaca come stretto collaboratore di Stefano Ricucci, quando nella macchina con cui tentava di superare il confine svizzero vennero sequestrati documenti su una società delle Isole Vergini Britanniche.

Ed ecco svelato il “segreto di Pulcinella”:  Il pubblico favorisce l’interesse privato il quale diventerà la prossima istituzione pubblica e così via, in un ciclo di degrado continuo destinato ad aumentare i divari sociali.

Il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli ha annunciato di voler istituire dal prossimo ottobre un codice di comportamento nelle università pianificato con l’ausilio dell’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione). Ma questo non basta, poiché la lentezza della  giustizia non aiuterà ad estirpare la macchia corruttiva che degrada le nostre università; il non voler accettare un cambio generazionale in nome di un romantico affetto verso le proprie poltrone sta distruggendo le certezze, sta limitando la crescita e lo sviluppo delle nostre capacità; questa indifferenza delle istituzioni nei confronti di un sistema simile ad una “nuova cupola” (così definita dall’ex ministro Augusto Fantozzi) sta riducendo la meritocrazia ad un fatto  eccezionale di una regola in cui raccomandazione e scambi di favore diventano le prerogative principali, il “biglietto d’ingresso”, per il mondo del lavoro.

Redazione Romboweb – Claudio Tucci

 

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