Il governatore Marsilio smentisce le voci sulla zona arancione: “L’Abruzzo dovrà essere zona gialla dal 7 gennaio”. Nel frattempo, il governo è pronto a varare le nuove misure. I dettagli

Chieti deserta - emergenza covid-19

Nuovo braccio di ferro in vista tra le regioni che chiedono di modificare l’indice di contagio per il passaggio da zona gialla ad arancione e poi a rossa, e il governo centrale pronto a varare le nuove misure.
In Abruzzo è di nuovo terreno di scontro: dopo aver smentito voci infondate sulla zona arancione, il governatore Marsilio ha invece confermato l’entrata in zona gialla a partire dal 7 gennaio 2021. L’ordinanza che poneva l’Abruzzo in zona arancione è scaduta il 27 dicembre 2020, e non è stata reiterata. E’ una notizia piena di speranza considerando che durante le festività natalizie, la regione Abruzzo è stata l’unica di tutta la penisola a non entrare mai nella zona a rischio moderato. A migliorarne la prospettiva sono state le statistiche degli ultimi giorni poiché l’Abruzzo vanta l’RT più basso della penisola, pari allo 0,65.

Le ipotesi sulle nuove disposizioni

Dall’altra parte, il governo centrale è pronto a varare le nuove misure. Secondo alcune indiscrezioni circolate in questi giorni, l’esecutivo sarebbe a lavoro per annunciare le disposizioni da adottare dopo il 7 gennaio, data in cui scadrà l’ultimo decreto per le limitazioni del periodo natalizio.
Le indiscrezioni parlano di divieti che resterebbero ancora in vigore: divieto di spostamento tra regioni; ristoranti e bar chiusi nel weekend e divieto di ospitare più di due persone a casa.
Le ipotesi messe sul tavolo sono due: mantenere in vigore le misure vigenti fino al 15 gennaio, con zona arancione nei feriali e rossa nel weekend; oppure tornare in zona gialla per il 7 e 8 gennaio, per poi passare in arancione il weekend del 9 e 10 e in seguito assegnare le fasce di rischio in base ai dati del monitoraggio.
Ciò che i presidenti delle regioni chiedono, in particolare Marsilio, è di non stravolgere le regole, ma di attuare una semplice manutenzione in modo da migliorare lo strumento e non di cambiarlo sostanzialmente poiché il rischio è la confusione generale.

La scuola?

Sembrerebbe esserci una svolta anche nel settore scolastico, che ha particolarmente sofferto nel corso degli ultimi mesi. A confermarlo è la ministra Azzolina che promette nuovi piani di riapertura per le scuole dichiarando: «L’emergenza che abbiamo vissuto ha rimesso la scuola al centro dell’attenzione, un’attenzione che avrebbe meritato anche prima e che, purtroppo, non c’è sempre stata. (…) E’ fra i banchi che si costruisce, mattone dopo mattone, il futuro di ciascuna e ciascuno, il futuro della Nazione.»
Dopo la retorica però ci sono i fatti. Fino ad adesso, la sicurezza sull’apertura delle scuole resta un punto confuso, con dubbie certezze e che sembra non trovare una soluzione adatta.
L’ipotesi di questi giorni è quella che vede gli alunni delle elementari e medie tornare in classe regolarmente dal 7 gennaio, mentre per la scuola secondaria di secondo grado la didattica sarà assicurata al 50% in presenza e 50% con la Dad, con la riapertura ufficiale per l’11 gennaio. Nonostante il governo centrale abbia indicato le linee guida, alcune regioni, quelle con l’indice Rt superiore a 1, sembrano essere restie all’apertura nei prossimi giorni.
Ad accompagnare questo senso di diffidenza nella riapertura, c’è la posizione espressa dall’UNSIC (Unione nazionale del sindacale imprenditori e coltivatori) che con una petizione afferma: «Mentre all’estero tengono le scuole chiuse, in Italia, con il primato di decessi per covid e l’aumento dei ricoveri e terapie intensive, s’intende riaprirle, tra l’altro accrescendo i disagi con le turnazioni. La didattica a distanza, pur con i suoi limiti, ha garantito continuità d’insegnamento, riaprire equivale alla certezza di ricominciare con tamponi, contagi, quarantene, sanificazioni, discontinuità didattica, ricreazione chiusi in classe e un clima generalizzato di ansia e preoccupazione. Tutto ciò accentuato dalle prime influenze stagionali e dalla consapevolezza che basterebbe qualche altra settimana per riaprire in una condizione resa migliore dalla crescita delle vaccinazioni e dai primi farmaci monoclonali. I problemi saranno accresciuti dalle turnazioni, che appesantiscono il lavoro e l’esistenza stessa dei docenti, ma inficiano anche il tempo per i compiti, le attività pomeridiane scolastiche ed extrascolastiche, ad esempio i corsi di lingua o le lezioni specifiche di supporto per tanti studenti con disturbi di apprendimento che avevano trovato beneficio nella Dad.»
L’appello fatto al governo è sostenuto anche da altri sindacati che riconoscono nell’organizzazione attuale poca preparazione e tanta confusione che non può essere scaricata sulle spalle degli studenti.

Redazione Romboweb – Irene Ciafardone

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.